
Il cammino di Abramo da Ur dei Caldei alla terra di Canaan descrive il cammino spirituale di ogni persona, dall’incontro e la chiamata di Dio alla sua totale dedizione a Dio. Una crescita personale segnata da quattro altari, attraverso cui ogni persona che ha creduto in Cristo Gesù può identificarsi.
L’altare di Sichem
Abramo non solo riceve una chiamata, ma anche una promessa che si articola nel dargli un territorio, nel renderlo grande, nel dargli una discendenza, e nel renderlo fonte di benedizione per tutti i popoli. La risposta di Abramo è una risposta di fede. Dio lo chiama e gli dice: “Va! Lascia e va nel paese che ti darò.” Quando abbiamo una personale esperienza della chiamata di Dio siamo messi di fronte alla scelta di lasciare e fare di Dio la nostra eredità, la guida della nostra vita. Abramo partì, come il SIGNORE gli aveva detto (Genesi 12:4). Aveva settantacinque anni, ubbidisce al Signore, ma quando arriva in Canaan, a Sichem, non possiede nulla, solo quelli che erano con lui e i suoi armenti. Ma ha fede in Dio che ha fatto la promessa.
Ci identifichiamo con Abramo, poiché ognuno che ha posto fede in Dio ha iniziato a vedere la vita in una prospettiva nuova, diversa dai parametri con cui normalmente la società valuta le cose. Come Abramo, ci rendiamo subito conto che siamo circondati da persone che non fanno di Dio la guida della loro vita. Quando Abramo arriva a Sichem, il testo di Genesi sottolinea che: “In quel tempo i Cananei erano nel paese.” (Genesi 12:6). Ma Abramo da lode e ringraziamento a Dio e costruisce il suo primo altare, perché la sua fede è in colui che ha fatto le promesse.
L’altare di Bethel
Continuando la lettura del cammino di Abramo, leggiamo che si spostò da Sichem per accamparsi tra Bethel e Ai. Il nome del primo luogo significa “la casa di Dio”, il secondo tradotto è “rovina, vanità” Come persone che hanno posto fede in Dio ci troviamo proprio in questa posizione, tra Dio e il mondo, nel mondo ma non del mondo. Ma questa è esattamente la posizione in cui dobbiamo essere come ambasciatori di Cristo (2Corinzi 5:20). In intima, genuina e profonda relazione con Dio, ma non estranei al mondo che ci circonda, poiché è nel mondo che testimoniamo della grazia, dell’amore, della presenza e della potenza di Dio.
Qui Abramo costruisce il suo secondo altare, e nella lettura notiamo che “invocò il nome del SIGNORE.” (Genesi 12:8) Questa espressione che troviamo già in Genesi 4:26 indica un cambiamento, una nuova attitudine che non è solo la personale relazione con Dio e rivolgersi a LUI in preghiera, ma è anche la proclamazione e la professione della propria fede in modo pubblico in Dio che ha rivelato sé stesso.
Ma non dobbiamo farci un’immagine di Abramo come quella di un credente impeccabile, perfetto. Abramo come leggiamo proseguendo nel capitolo prende delle decisioni dettate dalle circostanze, piuttosto che dalla voce di Dio. In occasione della carestia si sposta in Egitto, lascia la terra che Dio gli ha promesso. Là costruisce un castello di buisce per proteggere sé stesso egoisticamente ed espone sua moglie Sarai ai desideri degli egiziani. Paura, decisione sbagliate, fallimento. Chi non ha sperimentato nei suoi alti e bassi della vita situazioni simili? Ma Dio (Genesi 12:17), come sono belli i “ma” del Signore. La protezione di Dio è su Abramo e la sua famiglia, che salvata la propria vita e l’integrità di sua moglie lascia l’Egitto e ritorna a Bethel, dove era l’altare che aveva costruito (Genesi 13:4), e là invocò di nuovo il nome del Signore. Abramo, dopo le amare esperienze tornò a Dio che è misericordioso. Il suo esempio ci ricorda che quando sbagliamo, quando disubbidiamo a Dio, quando facciamo delle cose in cui abbiamo escluso Dio dalle nostre decisioni, Egli è fedele e giusto da perdonarci quando confessiamo i nostri peccati (1Giovanni 1:9). Perciò siamo esortati a tornare a Dio con fiducia nel suo amore.
L’altare di Ebron
Abramo ha imparato dai suoi errori e dai suoi fallimenti, ma soprattutto tornato al Signore ha imparato sempre più ad avere fede nella Parola di Dio. Se in Egitto ha sperimentato problemi causati da persone esterne alla sua famiglia, tornato a Bethel deve affrontare nuovi problemi, ma questa volta sorti all’interno della sua famiglia. Purtroppo questa è un’amara esperienza vissuta da molti. Non solo dobbiamo affrontare situazioni difficili mentre viviamo la fede nella società in cui viviamo, ma sperimentiamo anche la triste realtà di problemi all’interno della nostra famiglia, e non solo quella fisica, ma anche quella spirituale. Contrasti tra persone della stessa chiesa, o perfino conflitti fra pastori e responsabili di comunità. Ma Abramo questa volta mostra saggezza e si pone come uomo di pace per evitare che il conflitto con Lot degeneri.
Nella scelta che Abramo lascia a Lot, notiamo nel testo due modi diversi di osservare ciò che ci circonda. Lot fu attratto da quello che fisicamente i suoi occhi videro (Genesi 13:10), Abramo lasciò che il Signore mostrasse ciò che avrebbe dovuto vedere (v.14). Lot scelse quello che vide, Abramo scelse quello che la fede in Dio gli mostrò. Questo ci costringe a porci una domanda: “in che modo facciamo le nostre scelte, come prendiamo le nostre decisioni, la fede o gli occhi fisici guidano le nostre scelte?”
A conclusione di questo episodio, Abramo andò ad abitare a Ebron, e qui costruì un altare al Signore fondamento delle sue certezze.
L’altare di Moriah
Sono passati gli anni, nonostante i metodi umani di Abramo e Sara di darsi una discendenza, che causò la nascita di Ismaele, come Dio ha promesso Sara partorì un suo figlio per Abramo: Isacco. Riflettiamo sul fatto che Dio è colui che promette e LUI si prende cura di adempiere la promessa, ma così come Dio prepara la promessa, altrettanto prepara noi per ricevere la promessa. Abramo, Sara, e anche noi dobbiamo essere preparati da Dio per ricevere le sue promesse, ma tante volte a causa delle “nostre” soluzioni non facciamo altro che ritardare l’adempimento della promessa. E ora che Isacco era nei suoi anni adolescenziali, leggiamo che: “Dio mise alla prova Abramo” (Genesi 22:1). Dove è il tuo cuore? Puoi dire che tutto di te appartiene a Dio e hai una fede totale in Lui. Come l’autore agli Ebrei riporta questo episodio e afferma che Abramo credette che Dio poteva restituirgli Isacco come per mezzo di una resurrezione. E’ interessante fermarsi e provare ad immaginare i pensieri e le emozioni di Abramo e Isacco mentre l’altare venne costruito.
Può un sacrificio fermarci? Puo fermarci quello che ci costa come sacrificio: il tempo, il denaro, le energie, le risorse necessarie? Abramo poteva tornare indietro e non salire sul monte Moriah, ma mise Isacco sull’altare e afferrò il coltello. Dio lo fermò, poiché Egli è colui che provvede: Iavè-Iré.
L’apostolo Paolo scrive ai Romani usando un linguaggio tipico dell’Antico Testamento: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale.” (Romani 12:1)
J. B. Phillips, traduttore della Bibbia, lo rende in questo modo. “Con gli occhi spalancati alla misericordia di Dio, vi prego, fratelli miei, come atto di adorazione intelligente, di donargli i vostri corpi, come sacrificio vivente, a Lui consacrato e da Lui gradito. Non lasciare che il mondo intorno a te ti prema nel suo stesso stampo, ma lascia che Dio rimodelli le tue menti dall’interno, in modo che tu possa dimostrare in pratica che il Piano di Dio per te è buono, soddisfa tutte le Sue esigenze e si muove verso l’obiettivo della vera maturità.”
Quando Dio ci chiama ci assicura la sua presenza (Io sono con voi). Ci chiama e ci dà un proposito, non solo ci dà un proposito ma anche un piano, e un destino.
Dio vuole te. Possiamo fare una grande quantità di servizi nell’opera del Signore, assumerci tante responsabilità, ma non aver mai dato sé stessi al Signore.
Abramo non era perfetto, ha commesso peccati, ha fallito, ma è sempre tornato al Signore, ed è cresciuto nella sua intima relazione con Dio, imparando a dipendere da Dio, ad avere certezza in Lui, a dare completamente sé stesso a Dio.