La situazione del quasi azzeramento delle nostre libertà, l’imposta restrizione di restare a casa in nome della responsabilità civile e della salute pubblica, per fermare la diffusione del contagio COVID-19 è senza precedenti.
Stiamo tutti a casa, niente più stadio, gite all’aperto, passeggiate nel parco, weekend fuori porta, perfino niente più celebrazioni. Ma se i locali delle chiese anche se vengono chiusi al pubblico, non possono essere chiuse le chiese, perché la chiesa non è un locale, un edificio. La chiesa è il popolo di Dio, costituito dai figli di Dio, resi figli perché hanno ricevuto Gesù come Salvatore e Signore personale (Gio 1:12)
Oltre all’utilizzo della tecnologia odierna che tramite internet permette di rimanere collegati, i figli di Dio continuano a coltivare e approfondire la propria genuina relazione con il Signore anche rinchiusi nelle proprie mura domestiche. I figli di Dio non cadono in disperazione, non vengono travolti dalla preoccupazione, ne tanto meno dalla noia delle restrizioni domiciliari. Ecco cosa fanno i cristiani in questo tempo di isolamento sociale.
PRIMO. I discepoli di Gesù sanno che la preghiera apre gli occhi sulla realtà delle situazioni, anche quelle difficili, anche quelle critiche, come quella che stiamo vivendo a causa del Coronavirus. C’è una storia nell’Antico Testamento ai tempi del re Giosafat, preso dalla paura per una situazione difficile e pericolosa. Il re rivolse la sua preghiera a Dio: “non sappiamo cosa fare, ma gli occhi nostri sono su di te.” (2Cro. 20:12)
Il salmista scrisse: “Alzo gli occhi ai monti da dove mi verrà l’aiuto. Il mio aiuto viene dal Signore che ha fatto i cieli e la terra.” (Salmo 121). In questo tempo, rinchiusi nelle loro case, i cristiani pregano per invocare l’intervento di Dio, per chiedere conforto e consolazione per quelli che sono nella sofferenza, afflitti dal contagio, per chiedere la protezione su quelli che sono in prima linea a combattere fisicamente il virus.
SECONDO. Manca quel caffé preso per abitudine al bar con gli amici o con i colleghi, manca l’aperitivo consumato insieme, una pizza fra amici, la folla per le strade dello shopping, la gite al mare o in montagna. Tutto questo ora manca, ma quante cose possono essere riscoperte? Invece di alimentare pensieri di preoccupazione e paura, i cristiani vivono questo momento particolare con fiducia in Dio, e la fede caccia via ogni paura (Isa. 12:2). In questa atmosfera di serenità è possibile ringraziare ogni giorno al risveglio e sapere di vivere la giornata in pace con Dio, alla sua presenza, sotto il suo sguardo. Si considerano le benedizioni ricevute da Dio nel non essere soli, per le cose che si hanno, per le promesse fatte da Dio che nutrono la fede. Gesù disse: “Io sono con voi ogni giorno … Io non ti lascerò e non ti abbandonerò.” (Mat. 28:20; Ebr. 13:5-6)
TERZO. In questo periodo di forzata residenza domestica e di isolamento sociale, i figli di Dio non trascurano le loro responsabilità. Nel rispetto delle autorità contribuiscono non solo al rispetto delle responsabilità civile, ma attivamente collaborano nella lotta contro il contagio. La Samaritan Purse ha installato un ospedale da campo a Cremona, la chiesa cinese a Roma distribuisce migliaia di mascherine ogni giorno. E nel proprio piccolo contesto ogni figlio di Dio si preoccupa non solo per sé stesso, ma anche per gli altri. In questo periodo si isolamento sociale, l’ospitalità cristiana continua nel ravvicinamento spirituale, non solo con la preghiera, ma anche invitando le persone con la tecnologia moderna. Una telefonata, un collegamento social, una chiamata tramite internet, le persone sono invitate e accolte.
Questo è possibile non per delle proprie buone intenzioni o peculiari attitudini caratteriali. Questo è il frutto dello Spirito che opera nei figli di Dio. Uno spirito non di paura, ma di forza, di amore, e di autocontrollo (2Tim. 1:7). Con questo spirito l’opera continua e non si esaurisce.
CP